giovedì 6 dicembre 2007

La veramente vera verità su Adolph Hitler

Di questo film hanno detto che pecca di incertezza. Che cosa vuol essere? Vuole essere moralista? vuole essere divertente?
Secondo me vuole raccontare una storia, e lo fa attraverso un certo umorismo yiddish.
Il tema è pesante, ma il suo svolgimento ha una certa leggerezza, e i personaggi emergono subito, con spontaneità. Ha inquadrature molto belle, con una scelta dei tagli ricercata e fotografica. Molta cura per i particolari nella ricostruzione degli interni, e una divertente messa in scena dei background evidentemente finti. Adorabili desaturazioni e dominanti cromatiche, geniali sfocatura in camera ad alternare i soggetti dei dialoghi. Tutto esposto. Bello bello.
Lascia una certa malinconia, e un un incerto messaggio sulla comprensione tra esseri umani.
Bohf.
Sti critici, ma che cazzo vanno cercando.
Ho visto invece factory girl e non ho capito se mi sia piaciuto o no..ero troppo presa da una sete di informazioni che mi ha impedita in altre forme di comprensione. Troppo coinvolta. E poi chi era il cantante motociclista?

mercoledì 5 dicembre 2007

prenda e oro

Non potho reposare amore e coro pensende a tie soe donzi momentu. No istes in tristura prenda e oro né in dispiacere o pessamentu. T'assicuro ch'a tie solu bramo, ca t'amo forte t'amo, t'amo, t'amo. Amore meu prenda de istimare s'affettu meu a tie solu est dau; s'are iuttu sas alas a bolare, milli bortas a s'ora ippo bolau; pro benner nessi pro ti saludare, s'attera cosa non a t'abbissare. Si m'esseret possibile d'anghelu d'ispiritu invisibile piccabosas formas; che furabo dae chelu su sole e sos isteddos e formabo unu mundu bellissimu pro tene, pro poder dispensare cada bene.

mercoledì 28 novembre 2007

Bahamut e Antonio sso cuggini!

Antonio Rezza a teatro, ieri sera.
Riflettevo che se ormai non vado alla prima e non entro gratis non sono contenta.
Mi si sta viziando signori, non c'è dubbio.
Ma grazie a dio questa stagione di vippismo volge al termine, dato che i pezzenti con le frequentazioni più high class che io conosca sembrerebbero, non che io abbia ricevuto chiarimenti in merito, non volermi più nel loro gruppo di lavoro. Evviva. Sono grande. Ho tagliato la testa al padre, direbbe Pasolini.
Ma si parlava di Bahamut.
Sempre più non-sense e sempre meno narrazione. Il pubblico si sganascia. Dialoga col palco.
In mezzo al pubblico attori, registi, e Ghezzi. Sicuramente l'uomo più sexy in sala.
Ho trovato questo spettacolo meno irridente, meno politico, meno nudo, e meno forte.
Rispetto a fotofinish, che però ho visto almeno tre volte e credo sia davvero un capolavoro assoluto.
Probabilmente il 6 Dicembre, dopo lo spettacolo, ci sarà la partecipazione di Antonio Rezza al reading del Simposio, a san Lorenzo, perchè è uscito il suo nuovo libro, per la bompiani.
Il libro è stato lanciato tra il pubblico.
Che cazzo, mai una volta che io mi trovi tra le prime file! mannaggia mannaggia.

martedì 27 novembre 2007

a me mi piace

Guglielmo ha un reggipetto che se lo mette spesso nel cuore della notte come se fosse adesso.Adesso che Gesù ha un clan di menestrelli che parte dai blue jeans e arriva a Zeffirelli e tu mi vieni a dire che adesso vuoi morire per amore.Ho un nano nel cervello, un ictus cerebrale, bagni di candeggina, voglio sentirmi uguale uguale a un gatto rosa per essere sporcato e raccontare a tutti che sono immacolato e tu mi vieni a dire che adesso vuoi morire per amore.A me mi piace vivere alla grande già girare tra le favole in mutande ma il principe dormiva, la strega si è arrabbiata e nei tuoi occhi verdi quella lacrima è spuntata. A me mi piace vivere alla grande già girare tra le favole in mutande ma il principe dormiva, la strega si è arrabbiata e nei tuoi occhi verdi quella lacrima è spuntata. E il padre di mia moglie mi aveva sempre detto portala dove vuoi ma non portarla a letto, a letto dove dormo, dove se posso sogno, dove non so capire se ho voglia o se ho bisogno e tu mi vieni a dire che adesso vuoi morire per amore ! A me mi piace vivere alla grande giàgirare tra le favole in mutande ma il principe dormiva, la strega si è arrabbiata e nei tuoi occhi verdi quella lacrima è spuntata. A me mi piace vivere alla grande già girare tra le favole in mutande ma il principe dormiva, la strega si è arrabbiata e nei tuoi occhi verdi quella lacrima è spuntata.

venerdì 23 novembre 2007

Tideland

Così hanno detto su linus che Terry Gilliam ci ha fatto aspettare due anni per montare sto film e che a finale era una cacata. La solita pacchianata di storia fanta-horror favolesca.
Ma a me è piaciuto. Riconosco che forse il doppiaggio ricade nella categoria fanta-horror, ma per il resto il film melo sono goduto.
E soprattutto, qualcuno mi spiegasse perchè questi cazzo di critici a cui non piace il genere si vanno a vedere film che già sanno li schiferanno.
Forse perchè come dice Anton Egò (ratatouille) è molto più facile e divertente scrivere critiche negative. Uno ci fa sempre una figura di lui si che a capito e gli altri, poveri stronzi. O stolti.
E vabè.
Io come al solito vado al cinema senza essere preparata. A volte scelgo per il titolo. A volte, più spesso scelgono per me. Fattostà che nessuna reale informazione cinematografica entra a casa mia, senza invito. Di solito vado a frugare Trovacinema, che è molto aggiornato.
Tideland è vietato ai minori di 14 anni. Forse non piace troppo ai censori l'associazione bambine siringhe. Eppure io meditavo di farmi le pere già da quando avevo nove anni. Mi mettevo anche un pò di ombretto verde sulle guance, per sapere come fossi diventata quando a 14 avessi iniziato. Poi non ho iniziato. Perciò chi avesse figlie e figli temerosi e con la testolina sveglia celi potrebbe anche portare, a mio parere.
Oh.. Il film è divertente e disimpegnato.
Volendo potrei incazzarmi perchè è disimpegnato.
Eppure, le immagini sono talmente belle. Hanno il sapore di una certa fotografia antiquata, con inquadrature strette e x-process che davvero affascina.
L'unico motivo di rosicamento è non arrivare mai a vedere la terra dei vichinghi...
Vorrei poi dire un'ultima cosa
che non c'entra nulla
ma non mi va di dedicarle un post
Diliberto, Giordano
mi fate cacare.
possibile possibile che nella vostra finanziaria
la vostra sinistra radicale
abbia votato in massa
per il riarmo per i prossimi 5 anni (un sacco di soldi!) e il rifinanziamento dei cpt?
Vietati ai minori di 14 anni.

mercoledì 21 novembre 2007

Ian Curtis su pellicola

Ieri, stavo al concerto dei Klaxons, e la mia amica mi fa " In italia hanno deciso di non comprare il film sui Joy division"...
Ma perchè dico io..
Chi c'è più bello, anzi, bello di fama e di sventura più di lui?
Il film è stato poi recensito ultrapositivamente, in questo modo ad esempio:
"Applausi al Festival di Cannes per la prima mondiale di Control, il film di debutto del fotografo Anton Corbijn dedicato ai Joy Divisione a Ian Curtis, il loro cantante morto suicida nel 1980. La pellicola del fotografo olandese, autore di alcuni degli scatti più significativi di tutta la storia rock (come la copertina di The Joshua Treedegli U2), è stata presentata all’interno della sezione Quinzaine des Realisateurs e ha buone possibilità di aggiudicarsi la Camera d’Or, il premio riservato alla miglior opera prima. "
Sarà vero? Sarà notizia falsa e tendenziosa funzionale a creare aspettative nelle giovini donzelle nate a cavallo degli ottanta come me?
Inserisco una foto tendenziosa come le notizie, al solo scopo di mostrare che occhi aveva il mio eroe in bianco e nero, ancorchè pixelati nell'immagine da me scelta!

giovedì 15 novembre 2007

mh...che ho da dire in merito.
smettete di mangiare il manzo e preservate le foreste del brasile e dell'uruguay!
baci grandi

Something about men

Mi pare normale che le donne considerino gli uomini una razza distinta a metà tra i cani da compagnia e gli esseri umani.
Esistono uomini creativi. Esistono uomini divertenti. Esistono uomini generosi. Esistono uomini indipendenti. Esistono uomini sinceri.
Mai è stato possibile però rinvenire traccia di due di questi aggettivi in un solo essere umano di sesso maschile. Di solito si verifica invece l'opposto, ovvero che alla presenza di una di queste qualità ci siano dei baratri di meno meno agli altri posti.
Sono alla ricerca di un uomo olistico.
Ad esempio uno che sappia insieme parlare e chiedere scusa.
Buonanotte dolci donne olistiche della mia vita.
Solo a voi. Vi siete ricordate di dargli da mangiare e portarlo a pisciare?
Allora dormite serene.

lunedì 12 novembre 2007

Caffè e mirtilli blu

mi dice "sai che c'è? io ho sempre fatto casino col cibo"... è un bel modo per dirlo, penso. Per quel che mi riguarda ho sempre fatto molto molto casino col cibo. Perchè il cibo è una specie di equazione il cui risultato fa a volte parte del reale a volte dell'irreale, ma è sempre amore. Amore. Così io la guardo. I suoi occhi grandi somigliano a due uova in padella, e sulla sua pelle qualunque cibo potrebbe trovare il giusto punto di cottura in meno di 40 secondi. I suoi occhi sono uova cotte al sole del deserto. Quando ci cacciano dal bar alle due di notte, e lei è andata via dicendo ci sentiamo presto, ti faccio uno squillo quando torno a casa, io mi ritrovo solo. Ho come l'impressione di una rivelazione. Ho come l'impressione che nel suo casino e nel suo cibo ci sia la chiave. Voglio stare lì fra il suo cibo e il suo casino, tra il sale sparso e il basilico sul davanzale. Voglio stare lì, nel suo cuore, accanto al barattolo di Yogurt scaduto da 5 giorni e il cespo d'insalata. Aveva detto anche "io non vorrei finire così". Quella mattina una vecchia del suo palazzo era stata portata via dagli infermieri. La croce verde che le recapitava le medicine a casa il giovedì, aveva avuto un singolare incidente con la signora in questione. "Si, insomma quelli sono saliti, e pare che insieme al caffè che gli offriva sempre abbia propinato agli infermieri anche dei biscotti fatti da lei. Il problema è che nei biscotti la vecchia ci ha messo..bè ci ha messo palline di coniglio.." "come palline di coniglio? che vuol dire?" "si..insomma cacca di coniglio..la signora ha un coniglio nero da compagnia e invece di gocce di cioccolato ci ha messo cacca di coniglio!...o insomma...questo è quello che ha detto la portinaia..." Con le dita rincorreva un pistacchio sul tavolo, e guardava in basso. Presi la sua manina e mela portai alla bocca. Un piccolo bacio sulla punta delle dita salate. Un piccolo bacio per scacciare la paura della solitudine e della follia. Mancavano pochi giorni al suo compleanno. Avrei preparato per lei un dolce, del tutto speciale. Così quella notte non mi addormentai subito, ma ad un certo punto mi dovetti alzare a scrivere un piano di battaglia: Domenica: porta portese, mixer elettrico Lunedì: mercato, mirtilli blu, marmellata di more, caffè solubile, mandorle poi burro latte farina uova e zucchero. è tutto? no. Chiamare mamma. Mi addormentai sognando me stesso nudo con un cappello da cuoco in testa invece che in mutande alla scrivania. Il pomeriggio di lunedì tutto era pronto. iniziai col preparare la pasta della crostata. Che poi si fa così: Si mescolano tutti gli ingredienti insieme col mixer elettrico, iniziando dallo zucchero con il burro un pò ammorbidito, io il mio lo misi un pò sul davanzale sotto il sole, poi l'uovo e la scorza grattugiata di un limone. Cazzo, e io il limone non l'avevo comprato. Mi misi a frugare dentro il frigo, dentro la dispensa, alla ricerca di un limone anche mezzo ammuffito, anche mezzo limone. No. Non l'ombra. Citofonare ai vicini? non sene parla. Ogni volta, in queste situazioni, associo la mia timidezza alla pubblicità di axe, quand'ero bambino c'era l'uomo che non deve chiedere mai. Rassicurante. In quell'istante, bloccato come un coglione davanti al frigo, con la grattugia in mano presi a grattarmi lievemente le unghie sulla superficie in cerca di una soluzione. E lì fu facile..mi guardai le mani e decisi che nella torta avrei grattugiato le mie unghie al posto del limone. Ma dovevo polverizzarle. Il mixer era occupato, presi il minipimer. mi tagliai le unghie una ad una e le polverizzai frullando al massimo della velocità. Una polvere bianca e sottile, ma poca. Non bastava ancora. Chiuso nel cesso, mi frugavo la testa, alla ricerca di una ciocca abbastanza liscia, abbastanza bionda. Calvizie incipiente. Nuca troppo scura. Ma sulle tempie, che lei una volta sola aveva accarezzato con le sue mani di farina, un ricciolo chiaro e perfetto. Con due dita, e con molta cura lo poggiai sul fondo del recipiente e lo frullai in mezzo alla polvere di unghie. Ora quello che avevo somigliava molto alla fecola di patate. Buttai tutto nel mixer. La bella palla di pasta ottenuta la avvolsi nella pellicola, le trovai un posto in frigo, ma questo non è difficile nel mio frigo, e me ne andai a fumare una sigaretta in balcone. Mentre la pasta riposava mi occupai con risolutezza del ripieno. Sciogliere il caffè solubile nel latte bollente. Sciogliere nel caffè solubile e nel latte cinque delle mie lacrime. Sputarci dentro non mi sembrava nè opportuno nè romantico. Quindi mi concentrai. Una sola volta avevo pianto per lei. E non erano lacrime tristi. Era una specie di commozione dovuta ad una insopportabile felicità. Non era successo niente fra me e lei. Nulla che lei avrebbe registrato nel suo diario o raccontato alle amiche, insomma. Ma si era lasciata andare, per circa due minuti aveva abbassato la guardia, e infilato le dita e il naso fra i miei capelli, senza dire nulla nè volere nulla. Tornando a casa non riuscivo a frenarmi e mi colava anche il naso. Nè riuscivo a rintracciare le ragioni delle sue carezze. Ma andava bene così. Lei mi piaceva, lei non mi dava speranze ma mi aveva in qualche modo regalato qualcosa. Le lacrime non si sciolsero subito, ma rimasero sospese sulla superficie unta del caffelatte. Poi si confusero. Misi nel mixer il burro con lo zucchero a sbattere fra loro, spaccai le uova sul bordo e le versai dentro. Nel minipimer misi le mandorle con un pò di farina e dopo averle tritate le unii all'impasto che ancora girava. Aggiunsi le lacrime sciolte nel caffè sciolte nel latte. Il composto era spumoso e fine. Accesi il forno. Adesso c'era solo da mettere la pasta dentro una teglia, e preparare la base che accogliesse il ripieno. Schiacciai la palla di pasta dal centro verso i bordi, cercando di renderla uniforme, e non lasciare bolle d'aria sotto la superficie. Volevo che avesse un bell'aspetto, ma soprattutto che sembrasse insospettabile. I mirtilli andavano lavati, e li lasciai sotto l'acqua corrente mentre versavo il ripieno dentro la teglia. Poi uno ad uno li feci affondare nel composto, calcandoli con le dita fino a poterne vedere solo una piccola parte rotonda, calcolando meticolosamente la proporzione fra le distanze. Infornai. Dopo 20 minuti la crostata andava tirata fuori, controllata, e rimessa in forno con della carta argentata sopra. Un segreto di mia madre per non far crepare la crosta. A quel punto mancava solo l'ultimo tocco, una spennellata di marmellata di more. Una spennellata del mio sangue in amore. Chiuso nel cesso, con le stesse forbici di prima e un bicchiere da rosolio mi praticai un foro sull'inguine. Cazzo faceva male. Faceva male come quando lei frenava la mia disinvoltura, o come quando mi salutava ripartendo sul suo motorino. O forse un pò di più. Comunque sia il sangue sprizzava, e non fu difficile riempire il fondo del bicchiere. Con le mutande macchiate e incerottato alla meglio tornai in cucina. A parte il fatto che non mi ero procurato nessun tipo di pennello per spennellare alcunché, il mio gioco era quasi finito. Con due dita e con il sangue scrissi il suo nome in una direzione. Tre lettere. Eva. Nella direzione opposta scrissi il mio, che non ci entrava tutto. Andai a capo. "Che cacata", mi venne da pensare. "Mi rovina tutto il simbolismo". Poi con il dorso di un cucchiaio spalmai sopra anche un pò di marmellata di more, come zuccherosa copertura alla mia colpevolezza. Abbandonai la mia creatura sotto il cestino del pane rovesciato e mene andai a dormire. Dormii per 14 ore, senza interruzione. Sognai di nuovo me stesso col cappello da cuoco, ma immerso in una distesa di marmellata di more, che si faceva fatica a restare a galla. L'unico altro essere oltre a me, una lontra disinvolta che se ne stava comodamente sul dorso e mi guardava, incrociando le zampe sulla pancia. Mi svegliai prima che mi rivolgesse parola. Martedì mattina salii le scale del suo palazzo, ripensando alla figura da minchione che avevo fatto la prima volta che mi portò a casa sua. "ma che bel vano scale" dissi. "Ma che bel vano scale". Si girò a guardarmi con un misto di sorpresa e di pietà sulla faccia e poi prese a salire senza commentare. Qualche ora dopo mi resi conto di quanto quello fosse stato un momento decisivo. Sul bel vano scale mi ero suicidato. A saperlo prima avrei detto "ma che bello il tuo culo quando sali le scale". O forse non avrei detto nulla. Comunque nulla sul vano scale. Mi accolse calorosa, e ancora in pigiama. Mi portò in cucina. Non aveva fatto colazione e mise su un caffè. Sembrava felice nella mattina del suo 25esimo compleanno. Io aspettavo solo che aprisse la torta. Aspettavo nella sua sorpresa e nella sua gratitudine una ricompensa per la mia maestria e un appagamento alla mia sofferenza inguinale. Faticavo a restare seduto. Scartocciò la crostata e spalancò gli occhi. Poi si strinse nelle spalle e mi guardò un pò più sorridente. Tolse il caffè dal fuoco e prese un coltello e due tazzine dallo scolapiatti. Tagliò due fette. Io ingoiavo la mia saliva sperando d'essere silenzioso. Primo morso. Sollevò i suoi grandi occhi e meli posò addosso. E disse solo "Non pensavo che tu fossi così".

giovedì 27 settembre 2007

NOT ALLOWED

NO. NON TI è PERMESSO LEGGERE QUESTO BLOG PERCHè è DISPERANTE.
PERCIò CESSA.

mercoledì 12 settembre 2007

Tutti in Messico!

http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/scienza_e_tecnologia/scompare-peyote/scompare-peyote/scompare-peyote.html Lo so che è una stronzata, e che non melo sarei mai pigliato perchè non cresce nel parchetto sotto casa e io sono assai pigra...ma mi rattrista tanto! io amo tutti gli scrittori e i musicisti dediti alla mescalina e amo le foto dei beatles optical e scattate da avedon. Amo il misticismo di certi tossici, e amo gli occidentali affamati di sogni che fingono di inserirsi nei percorsi culturali altrui e averne gran giovamento spirituale... Saudade.. cià Helly belly

venerdì 7 settembre 2007

traby trabs a Cagliari

Non vorrei dir nulla ma...guardate come sono belli e super super fescion Stata a sentire questi meravigliosi ragazzuoli sulla playa calariensis (?maybe?) l'altra sera. Suonano bene. Io non ascolto quasi nulla, perchè quasi tutto mi annoia, mi disgusta o mi dà fastidio. Lou Reed per il mio cuore e pochi altri per stagione. Ma i Trabant hanno un suono veramente sexi, potente, struggente e anche quel tanto rabbioso ed elettronico che basta. Ciò che più mi (vi?) diverte di ogni genere dai '60 agli ultimi '90 è stato rubato, amalgamato et sparacchiato. Molto gusto la versione live e molto felice di avere il disco. Sulla spiaggia faceva molto freddo. Altri avvenimenti della giornata di ieri: 1) Mi hanno bucato la testolina, estratto delle cose (credo fiori e stelline..si, fiori e stelline), e rappezzata con un filo di seta numero tre. Mi sento molto strana, ma aspetto con gioia di togliere il cerotto -che sembra un bollino di qualità ciquita- per poter rimirare con avidità la mia cicatrice fresca. E scattarmi qualche foto. 2)Ho assistito con allegra combriccola a jam session dentro casotto dei cessi pubblici in spiaggia. Qualcosa dentro di me si contorceva dalle risate. Quando qualcosa di simile succede a CA invece di far sembrare migliore la città di CA fa sembrare un branco di minchioni quelli che hanno fatto le stesse cose nelle città di londra e berlino o ny. Però è stato commovente vedere Giovanni urlare come animale. 3)Cornetto notturno con altre 11 persone. Piacevole la sensazione di spostarsi in gruppo. Sconosciuta per me che non giro mai in più di 3, e volentieri l'avrei tenuta per sempre. Sensazione di amore e euforia.

giovedì 26 luglio 2007

V-DAY

Iscriviti al Vaffanculo Day Niente di personale. Non adoro Grillo. E in generale mi stanno sulle palle i capopopolo, ma sono d'accordo punto per punto (sono solo tre d'altra parte!) Io ci sarò, siateci.

martedì 24 luglio 2007

Non scrivo da quasi tre mesi. Sono stati tre mesi pesissimi. E' successo di tutto.
fino a settembre lavorerò anora in biblioteca, e per il momento sto facendo un apprendistato piuttosto violento presso uno studio fotografico.
Una strana forma di anarchia ha preso possesso della mia vita. Le cose entrano ed escono con eccessiva fluidità, e non ho tempo di pensarci. Ho due valige al centro della stanza non sfatte, una risale al primo giugno. E uno zaino pieno di materiale fotografico che prende polvere.
Non faccio ricerca fotografica da un pò. Le uniche foto che ho fatto le ho scattate al mio ragazzo nudo sotto la doccia. Non ho ancora sviluppato il rullo. Ho visto due concerti importanti, i rolling stones a Roma e lou reed a Cagliari. Ho praticamente fatto un solo esame a questa sessione e ho preso un voto capace di abbassarmi la media da 107 a 105,5. Ho letto un libro. Ho fatto due giorni di mare. Un ragazzo polacco si è innamorato di me, senza che io lo volessi. Niente da preoccuparsi, per fortuna è un superfan del dio cattolico, e non mi sono dovuta riparare da aggressioni sessuali. Ora boccheggio ad occhi chiusi in questa stanza torrida, con la pala attaccata al soffitto che spruzza e centrifuga polvere, mentre la mia rinite allergica si aggrava e mi compaiono chiazzette rosse sul corpo nudo. saranno le zanzare?
Fra poco sarò a Berlino. Menomale, perchè odio tutti.
Vorrei non tornare.
Buona estate
D.

venerdì 4 maggio 2007

HO LA FEBBRE!

Ho preso una brillante influenza intestinale!!! mi sto annoiando, venite a trovarmi. Tanto male, Tanti baci D.

martedì 1 maggio 2007

Miei Cari

Avete sentito la mia mancanza?
Questi giorni di festa sono stata impegnata a scrivere un fantastico libello che serva da guida a certi fabbriconi di vestiti tedeschi che verranno a fare le foto per la loro collezione fall-winter wui a Roma, perchè pare che il loro pubblico teutonico consideri i loro vestiti molto italian style...
giudicate voi:
e a fare foto notturne di location...
Sono tutti molto preoccupati che dietro la loro collezione fall-winter si possano riscontrare a Colosseo certi pachistani in maniche corte e pantaloncini che rovinerebbero tutto l'effetto fall-winter...
Così, due giovinotte, affatto esperte, sono uscite a documentare la situazione, deambulando su macchinetta verde non euro 4, ma neanche euro 0, per le vie del centro.
Questo si ripeterà stanotte per Trastevere...
Ho anche avuto il tempo di fre tate belle coccole al mio amore, di vedere con lui bel film molto melodrammatico di Truffaut, Le due inglesi e il continente, una sorta di jule e jim al femminile, e un film di cui non si sentiva niente la macanza:
The Good Shepherd, sulla nascita della Cia negli stati uniti d'ammeriga.
Il film non solo è lento e cincischioso, ma è anche assolutamente irrisoluto. Apre una serie di questioni che non vengono sviluppate e che rimangono sullo sfondo come punti interrogativi. Uno si chiede veramente "ma che ci faccio qui".
Sono capitata in uno di quei cinema così retrò che fa la pausa in mezzo per vendere i poppicorni. Di solito la prendo male, mi acciglio e guardo male la maschera, stavolta ho ringraziato.
Ma il film è insopportabile per tanti altri motivi.
Lo stile:
New York nel 1960 secondo De Niro è una città in cui tutti si servono dallo stesso sarto, e il sarto in questione ha scelto un unico colore per confezionare i propri vestiti: lo stesso identico punto di grigio dei mezzi pubblici, solo lievemente più carico del punto di grigio del cielo.
Non esiste gente comune, nè tantomeno povertà, ma solo collegiali o impiegati, e fondamentalmente colleggiali destinati a diventare impiegati.
C'è un pò di tutto nel film, da momenti rubacchiati alla setta dei poeti estinti, alla setta in mantello porpora alla wide eye shut. Il figlio del protagonista apre la porta di casa e si ritrova in congo, dove ovviamente lo aspetta già il padre.
C'è qualcosa di surreale e anche un pò grottesco nella levigatezza e nella fluidità del...bohf..del mondo rappresentato.
E non perdetevi la pioggia di cavallette e altre subdole cazzate.
I Personaggi:
De Niro ha scelto di fare il capoccia buono, quello che ci crede, di matrice cattolica (dichiarata), e con i piedi che marciscono col tempo narrativo.
A Matt Demon hanno dato il classico ruolo dello sfigato vincente, e non si riesce a capire per tutto il film perchè così tante donne selo vogliano portare a letto.
A.Jolie ha due fasi, entrambe sature di isterismo, la ninfomane post-adolescente e la moglie frustrata, tutte e due poco adatte ad un fisico che rimane pur sempre quello di lara croft. Sotto il vestito da sera pare di intravedere i calzoncini.
Il Figlio. Se ci avessero risparmiato almeno per una volta tutta la storia del figlio che vuole essere degno del padre, cosa che difficilmente smuove i cuori italiati, la nostra pena si sarebbe quantomeno dimezzata.
Turturro è meraviglioso come al solito, e anche un altro personaggio merita la palma della coerenza: Ulisse, la spia venuta dal freddo.
Oggi ho fatto un lungo giro per la città, da villa borghese a piramide. Ho dato uno sguardo alla Gnam, dove c'era la temporanea di Arturo Martini. è stato piacevole.
Buonanotte.

martedì 24 aprile 2007

Berlino. E' giunta l'ora di leggersi la documenta di Kassel...prima che le pagine si sbriciolino

Cari compagne, cari compagni
la vostra compagna cronista sta per essere inviata come relatrice nella gloriosa DDR. Il suo punto d'osservazione sarà la Erich-Weinertstrasse, ma per meglio individuare i nemici del Partito, quelli più pericolosi, i fuoriusciti, attraverserà la cortina di ferro in treno.
Insomma, sono felicissima!
Questa domenica io e il mio ragazzo abbiamo girato la città sulle orme di FotoGrafia (http://www.fotografiafestival.it/ ), la nostra ultima tappa è stata il mezzanino giallo della stazione termini, dove stavano esposte le foto di Nuovi e Nuovissimi topografi.
Dopodichè, tanto per informarci, abbiamo fatto un salto alla biglietteria internazionale.
Erano rimasti 5 biglietti in superoffertona da Roma a Berlino, le tariffe più basse per una estate da supergiovini, insomma, e con un astuto colpo di mano ho convinto il mio ragazzo a comprarli!
Dopo di chè ho richiamato una certa signora toscana, che per fare uno sfregio a tutti i tedeschi che si appollaiano sulla valle del chianti, si è comprata una casa al centro di berlino, vicino al viale delle castagne. La signora in questione avrei dovuta contattarla intorno all'11 aprile, ma aspettavo che il mio ragazzo uscisse dalla catatonia e si decidesse a comprare i biglietti. Ovviamente io avrei voluto partire con la compagnia più lowcost di tutte in aereo, perchè per quanto faccia molto Lawrence, a me di stare 24 ore su un treno non mene dice. Ma lui si è lamentato tanto che ha vinto. In compenso avevo tentato di accollargli questa parte dei preparativi, ma come è ovvio...
Un proverbio russo dice "se vuoi che una cosa sia detta, scegli un uomo. se vuoi che una cosa sia fatta, scegli una donna".
La signora tosca ci ha tenuto un giorno e mezzo sulle spine, e poi ci ha fatto sapere d aver ricevuto "proprio in questi giorni" altre richieste per lo stesso periodo, ma che in qualche modo, se noi fossimo stati lesti a pagare la caparra, ci avrebbe accordato la precedenza.
Litigando con la tecnologia bancaria più avanzata alla mezzanotte di questa notte sono riuscita ad inviare alla sospettosa un vaglia online.
Speriamo bene...Sogno un viale pieno di castagne e una metro dal nome U2 che invita alla partecipazione più spinta!
Detto ciò,
avrei voluto tanto parlarvi delle cose che ho visto al festival internazionale, ma invece elencherò il mio tragitto, perchè sarebbe davvero un post troppo lungo:
-Museo Intrastevere
word press photo;
il 77
-Ara Pacis
i nuovi topografi si scelgono dei nipotini tra i nuovi fotografi (a volte inspiegabilmente..quel tipo che fotografa tapparelle storte merita tanti calci in bocca quanti denti ha);
orrende foto di ex voto
-Termini
alluvione 60 anni fa;
terre di riforma (la puglia..bellissima);
i resti di battaglie famose del risorgimento (credo..sicuramente il mio ragazzo sa di quand'è la battaglia di magenta, ma quando mi scopro così ignorante taccio per non farlo disamorare) oggi;
ex cementifici e reattori nucleari a fotoshop rivelano meraviglie.
Buonanotte

domenica 22 aprile 2007

Oliviero Rainaldi e Pietro Ruffo

qualche giorno fa Ottavio Celestino ( http://www.ottaviocelestino.com/home.htm ), ci ha fatto fare un'incursione dentro il pastificio cerere.
Dalla finestra del bagno e dalla sala computer abbiamo una vista sullo studio di uno scultore, quando la porta è aperta. Questo Scultore è Oliviero Rainaldi. Le sue opere, viste attraverso il filtro della proibizione mi hanno sempre affascinata, e anhe la sua persona..è un tipo a metà tra john fante e pippo baudo (o mio dio l'ho scritto!!!), nel senso che ha quei bei lineamenti abruzzesi decisi alla john fante ma una stazza simile a quella di pippo baudo, con delle ciocche di capelli lunghe incrostate di polvere di marmo, che rimangono siggilate nel loro tuffo all'indietro, e degli occhialini sottili rotondi che fanno proprio parigi 1950. Anche i pantaloni con le piences e la camicia chiara a metà manica fanno 1950.
Per quanto riguarda le sue opere..ecco...avete mai visto qualcosa di imobile compiere gesti impercettibili? sotto il trscorrere delle ombre e delle luci naturali che riempiono lo studio, le sue figure umane, che fanno pensare ai fantasmi, o agli incontri fugaci in cui i lineamenti si perdono, compiono impercettibili rotazioni, piccoli gesti.
Con noi è stato gentile, ci ha accolte (eravamo 5 studentesse della scuola) come se fossimo vicine di casa, con semplicità ma una certa diligenza (insomma ci ha degnate utte della medesima attenzione..), e ci ha regalato un atalogo a testa...Noi celo siamo fatte dedicare (che sceme buffe!!!!)
Pietro Ruffo è invece un giovinotto col barbone scuro e gli occhi limpidi.
Ha uno studio che per metà sembra occupato da scatoloni, per un'altra metà dalle sue opere. Ne usa una, un disegno su una carta auto-portante (piegata in modo da regersi in piedi da sola), come paravento, per isolare la sua scrivania. sull'ingresso poltrone di design fingono di non essersi rifatte il trucco, mezze ciancicate e impolverate.
Bè entriamo e interrompiamo il suo lavoro, ci sediamo sulle poltroncine, e lui, che raccoglie la concentrazione e per un momento sembra tutto inteso nel suo ruolo d'artista. Allora, con alcune incertezze ci parla dei suoi ultimi lavori, ce li fa vedere (d'altra parte la stanza li rigurgita..appesi appoggiati, o avvolti nel millebolle, ci circondano e chiedono attenzione) celi spiega..anzi, per meglio dire si spiega: un pò ci rivela i concetti che ci sono dietro un pò celi nasconde per misurare quanto siano forti le sue capacità comunicative come artista.
Sembra essere molto soddisfatto quando sene dà la lettura corretta.
Parliamo del concetto di rilievo, di scala geografica e antropologica.
Parliamo di alcuni ultimi suoi lavori che riguardano questo tema, uno del 2003 che accosta città prese dal satellite e macro di fiori, uno dediato alla biblioteca mercede (site specific)e quell sulle bandiere.
Ci dice che all'attuale la critica lascia molta libertà all'artista di esprimersi, che l'impotante è il concetto, ma il tratto, lo tile, la riconoscibilità hanno perso molto in valore.
Sembrava stare un pò come davanti ad una platea di intervistandi...
ma è stato comunque il più genuino possibile visto la natura dell'incursione (inaspettata!).
Tra i due artisti lo scarto generazionale è forte, emanano forte della loro epoca, e averli accostati in una mattina lo ha fatto balzare fuori.
Mi sono divertita un pò.
Ciao ciao occhi belli

Giuseppe Celi

Questo dolcissimo (e bravo) pittore mi ospita da oggi con le mie fotine su questa pagina. Andate a vedere i suoi quadri, che sono piacevolissimi, e butate un occhio alle mie fotine... Ciao! www.artecorrente.com/daniela_ionta.html

domenica 15 aprile 2007

Le vite degli altri

L'ispettore Derrik muore di invidia.
Il film è molto molto carino. Il mio è un cuore inaridito è ipercritico, eppure sono state tante le cose che mi hanno commossa durante la visione. Prima di tutto la fotografia. Una qualità dell'immagine che potrei dire nostalgica, e una sottoesposizione continua degli ambienti, dei visi, una sorta di viraggio dei colori, che fa tutto ocra e blu, una granetta talmente suadente..YUM!, che fa pensare appunto all'ispettore Derrik dall'altra parte del muro.
L'ambientazione è quasi borghese, siamo ai piani alti della DDR, tra i privilegiati, tra la gente di successo.
Il film riprende molte questioni, dalla posizione dell'artista sotto un governo mecenate e censore, alle questioni di politica e morale, e ne tratta rifrangendo i punti di vista possibili su ognuno dei personaggi. L'effetto di questa scelta è che ognuno di loro diventa protagonista, e allo stesso tempo l'assenza di uno solo di loro creerebbe una lacuna importante nella tessitura unitaria del discorso e della trama.
Ci sono poi momenti di tensione, momenti di speranza e di tenerezza.
E' uno di quei rari film che chiama alla partecipazione emotiva chi guarda, ma lo fa senza ammiccare, quasi per ovvia aderenza all'umano.
Racconto solo le impressioni, altro non voglio dire, per non sottrarre lo stesso piacere che io ho provato a chi andrà a vederlo.

domenica 8 aprile 2007

Il Pranzo di Pasqua

Il Pranzo di Pasqua costa sempre alla mia coscienza circa un'ora di tapiro urlante.
Durante quest'ora io leggo tutto ciò che trovo a casa.
Ma perchè mio padre legge l'espresso?
In questo numero Pansa intervista Fassino.
Questa si che è una giusta punizione per i miei bagordi.
Buonanotte mangioni

lunedì 2 aprile 2007

Non ami Roma?

No. Non lo so. è una domanda un pò difficile non credi? Passeggiando per villa Celimontana incontriamo Giorgio. Giorgio quella sera c'era anche lui alla festa dell'inaugurazione. In abito grigio con tanto di panciotto, abbronzatissimo e altissimo come si conviene in dicembre (?), distribuiva il suo biglietto da visita a cani e porci, e intratteneva il mio ragazzo già ubbriachissimo e dal sorriso molto ebete. Giorgio è un ragazzo molto fortunato, il papà infatti ha una agenzia di comunicazione, o pubblicitaria, o giù di lì, e lui può amabilmente permettersi di incontrarmi a villa Celimontana e dirmi che il mio insegnante e la sua socia, quelli che gli hanno prestato lo studio per farci i cazzi suoi, o del paparino, o comunque delle foto per la sua agenzia, e si permette di dirmi, dicevo, che loro non sono granchè simpatici. Che la tale socia è un pò aggressiva. Che comunque sono poco carini con le modelle. Riflettevo qualche giorno fa, di come quel mio insegnante che ha prestato il suo studio a Giorgio, sia completamente meritevole di tutto ciò che ha. E ciò che ha non è solo la sua arte, ma una buffa emozionante vitalità. E una vanità stortignaccola, di un passato assortito da raccontare. Giorgio, tu che cazzo hai fatto pr meritare quello che hai? Che cazzo hai fatto per meritarti di recriminare? Detesto questa città, dove incontri sempre le stesse facce, e le stesse facce tengono le briglie. Se quelle facce imponessero alle proprie bocche un rispettoso silenzio, odierei meno questa impudente razza magnona che si siede sui colli e sui monumenti, col grasso culo che scorreggia melancolicamente dove non deve. Vorrei stare in un posto dove il mio nulla e un nulla per bene. Un nulla posseduto da chiunque e a cui chiunque si adatta. In una città dove chi dirige i giochi evitasse di mostrare le ginocchia pelose in bermuda negli unici luoghi dove i poco scaltri proletari o la non agganciata classe media ha da riposare le sue frustrazioni. Io capisco perchè la Socia è una donna aggressiva. Giorgio capisce invece le radici della sua aggressività? A che pro sparlare... E tutti alla festa si chiedevano "ma chi cazzo è Giorgio?"

sabato 31 marzo 2007

Dürer o Carracci?

Dürer.

Caro Carracci, Ma perchè? la mostra al chiostro del Bramante ha una didascalia da viaggio d'istruzione delle medie. Le tele sono accostate un pò per periodo e un pò per tema. Carracci. Ma chi era? La mostra confonde le acque e confonde il fruitore. Carracci umanista, poi barocco, poi nuovo Raffaello, poi oppositore di Caravaggio con i paesaggi, Caravaggesco nei ritratti, poi dipintore di Santi, e che altro ancora? attento al realismo eppure deformante come un primo Van Gogh. Spinto nell'europa dai mecenati e dagli stili sembra uscirne piuttosto confuso. Ma che dire. Io non lo conosco, e nemeno ho il piacere. Si gira per le sale chiedendo Pietà. Finalmente la pietà arriva. E' l'ultima tela e forse la più forte. Tutti gli sguardi si incrociano, gli occhi sono stroppicciati dal pianto e i gesti naturali. Il premio per la tela più divertente va alla Venere, con la schiena di Venere gentilmente interpretata dalla schiena del Ludovico Carracci. Venere appare come una casta preda, e intorno al lei si agita un fauno ammiccante e un puttino leccapatonze. La cupidigia del fauno viene invece temperata da un puttino reggicorna. Dürer è trascinante. La mostra è un pò strana. Dovrebbe essere basata fra il cofronto fra autori, ma davvero non si comprende su che cosa si basi questo confronto. Sembra una cosa un tantino arrangiata. Roma Firenze una linea rossa. Che cosa avete nei vostri sgabuzzini? Boh, qui avremmo un bacchino malato e due monete di bronzo romane. Bahf. Però Dürer. Tutti gli artisti Italiani sembrano affannarsi a copiazzare le sue stampe, ma nessuno ha quel tratto veloce e disinvolto. Questi personaggi da fumetto, quelle ambientazioni nordiche. I suoi alberi si contorcono con una certa naturalezza, gli animali saltano. Niente in lui ha un'aria composta o sospesa, e guardarlo è una gioia. vabò. ciao

venerdì 23 marzo 2007

brucerò all'inferno

Oggi il prete ha bussato per la benedizione pasquale. "non ne abbiamo bisogno, grazie", ho risposto. Una mia compagna di casa si è buttata fuori dalle scale ad inseguirlo..e l'ha trvato. L'ometto si è intrufolato subito in casa, posteggiandosi in corridoio. Poteva da lì così godere di una pittoresca vista sulle mie mutande e i miei calzini sporchi buttati al centro della stanza. Ho chiuso la porta. S'è risentito!!! Ha detto alla mia amica che se io pregassi il mio astio verso i preti andrebbe via, e capirei che cene sono anche di simpatici. ma io non odio i preti, io odio la pretofilia! hihihihi baci belli

Non tutte le gatte partoriscono gattini ciechi

vi inoltro la mia ultima fatica letteraria..hihihi ;)
Non tutte le strade portano a Roma e non tutte le mostre riescono col buco, nonostante i presupposti… A Roma l’acquisizione di spazi per la cultura è una necessità sentita fortemente da tutti gli operatori del settore, e bisogna dire che il recupero dell’Ex Gil è davvero un intervento riuscito. Gli spazi sono freschi e luminosi, e la rigida divisione in sale, secondo i principi della trasparenza costruttiva, è quanto di meglio si possa desiderare per ospitare una mostra collettiva. Su una parete è rimasta impressa come basso rilievo la memoria delle imprese africane di tardo colonialismo italiano (o all’italiana per meglio dire), cosicché aver rubato a questa pagina spiegazzata della storia una gestione del tempo libero del tutto inaspettata rispetto all’ipotesi di partenza per questo edificio infonde una punta di euforia. La mostra, che vuole essere un’anteprima al sesto Festival Internazionale di Roma FotoGrafia, è curata magistralmente, non solo per quanto riguarda la scelta del progetto e la scelta del luogo, ma anche per quanto concerne la parte più propriamente pubblicitaria: alla mostra è stato dedicato un portale su internet, funzionale, completo nelle informazioni e dalla grafica attraente, e da uno sguardo superficiale si può dire che anche il catalogo della mostra sia un oggetto molto piacevole. Non si può dire lo stesso per quanto riguarda la scelta delle opere, che a volte non si rivelano all’altezza dei lavori precedenti degli artisti chiamati a partecipare. Ma andiamo per ordine. I primi fotografi che incontriamo alla destra dell’ingresso, sul piano rialzato sono Guy Tillim (Johannesburg, 1962) e Giuliano Matteucci (Roma, 1976). Il progetto di Guy Tillim è molto interessante nelle intenzioni, che sarebbero quelle di ripercorrere le tracce di San Francesco in Sabina. Qualche attento camminatore della conca reatina sicuramente godrà nel riconoscere i luoghi della sue identità regionale, ma di per sé le foto non hanno molto nerbo, perché sembrano mancare di una reale tensione narrativa e introspettiva. Ma ad essere sinceri lo sguardo neutro dell’autore potrebbe anche funzionare aiutato da una buona stampa: si sente l’assenza di una accurata postproduzione che marchi i soggetti delle immagini, e per di più il getto di inchiostro sembra virare al seppia, questione che pone di per sé già delle domande. Due oggetti stranianti compaiono in queste immagini: un televisore abbandonato in una radura vicino Piè di Maggio e un Sant’Antonio di gesso sdraiato sull’asfalto in mezzo ad una cortina di figure umane spezzate. Sulla parete opposta Giuliano Matteucci ci guida fra le tenere nebbie di Farfa. Il Tevere è una lastra di alabastro su cui gli oggetti naturali e umani si poggiano senza lasciare ombra, e solo i riflessi lattiginosi, di una barca, di una canna di fiume, separano il cielo e le acque. Questa volta il getto d’inchiostro non ferisce il supporto di carta ruvida e porosa, e avvicina le foto ai bozzetti dei paesaggisti tardo settecenteschi, aiutato anche dalla naturale bicromia del luogo, composto solo dal bianco del cielo e dal verde delle piante. In questa atmosfera sospesa e irreale compaiono due oggetti che sembrano provenire dalle foschie della memoria: una sedia minimale buttata su un argine, di quelle dell’infanzia sui banchi di scuola, e l’insegna di un agriturismo dal nome parlante, “la luna sul Tevere” inchiodata sbieca ad un tronco. In fondo alla sala principale incontriamo Angelo Antolino (Napoli, 1979). Espone “La strategia dell’attenzione”, un a serie di immagini realizzate nel 2006 presso il borgo che ospita l’Abbazia di Farfa. Il suo lavoro è un lavoro dialettico: alla sinistra dell’osservatore abbiamo l’interno dell’abbazia, vista attraverso l’esistenza di un monaco che ha scelto la clausura; sulla destra la notte nel borgo ribatte alle foto di interni. Ma in realtà ci troviamo di fronte a due tenebre, a due silenzi e a due isolamenti che non hanno molto da comunicarsi, e che seppure simili sono in sostanza l’uno all’altro vietati. Un maligno pensiero laterale suggerisce che il monaco, ritratto nelle sue letture, nella preghiera o seduto all’organo non si perde poi un granché: le pietre del borgo sembrano immote dalla loro fondazione medievale. Subito a sinistra la Sala Boso si apre ad ospitare altri tre giovani artisti, si tratta di Xavier Ribas (Barcellona, 1960), Raphael Dalla porta (Parigi, 1980), e Luca Nostri (Faenza, 1976). Partendo dal fondo troviamo le bellissime stampe cromogeniche di Xavier Ribas, tratte dalla serie “Vulci”, scattate sull’omonimo parco archeologico. Sono immagini di grande eleganza, dalle inquadrature ortogonali, dove il campo è quasi sempre diviso nettamente in due settori. Con grande semplicità riesce a raccontarci le diverse fasi si una stessa storia umana: la vita agreste contemporanea rubata allo scorrere impercettibile del fiume che è quasi palude in questo tratto, e l’insediamento remoto che l’ha preceduta, con i pochi tratti di una parete in opus reticulatum e di un perimetro murario. Tra queste immagini una emerge per la sua enigmaticità: sulla riva a valle, davanti all’alta parete a monte i cui strati sono trafitti da una vegetazione sparuta e contorta, il fiume ha lasciato un messaggio dal codice ignoto, fatto di rami spogli piantati nel fango. Eccoci al più giovane del gruppo, ma non per questo meno premiato: Raphael Dallaporta. Il suo occhio attento si è sparso sul litorale laziale, tra i confini nord e sud della regione. Ogni sua foto racchiude l’attesa di un piccolo evento. Le immagini sono purissime, disciplinate e luminose. Si rifrangono tra loro esaltandosi, anche se gli situazioni ritratte sono di varia natura. Raccontano bene la vita del mare, lungamente silenziosa e deserta per i molti mesi che precedono le ferie d’estate. Gli unici esseri umani che compaiono a sfidare i suoi silenzi sono supereroi in muta dediti alla tavola da surf. Altrimenti l’Uomo è l’essere che lascia segni decifrabili solo alla luce di uno sguardo ironico: un’insegna a forma di squalo verso i cancelli di ostia si ripara dalla stagione fredda con un involucro di plastica da cui spuntano solo il muso e la pinna caudale, e una piccola auto d’epoca isolata dall’alluvione dell’alta marea. Il confine tra Lazio e Toscana e segnato dalla schiuma di un’onda. Luca Nostri ci mostra immagini senza mistero. Svolge puntualmente la sua indagine sull’Appia, seguendola fino alle porte della Campania, accostando in maniera analitica aree archeologiche e segni urbani. Tutti gli elementi fotografici sembrano essere indirizzati ad una funzione meramente descrittiva: la luce è cruda, le ombre nette ma comunque quasi assenti, il taglio non è largo e non è stretto, ma la compresenza di elementi che riuscirebbero di per sé ad essere un buon soggetto, fa si che non sembri neanche giusto, perché la prospettiva scelta fa si che uno di questi risulti sempre sminuito sulla scena, e faccia infine solo da disturbo. Dispiace, perché nel lavoro c’è una buona concentrazione rispetto al tema, e in alcune immagini notturne il fotografo prende la sua rivalsa sull’ indagatore, con un gusto per l’ombra e per i colori che lascia sorpresi. Ai piani altri dell’edificio finalmente Luca Campigotto (Venezia, 1962), con una sala completamente dominata dalle sue immagini. Gli scatti ritraggono le isole di Ponza , Santo Stefano e Ventotene da un punto di vista che riesce benissimo ad essere poetico e storico. Queste sono le isole della prigionia e del confino, i luoghi di detenzione di anarchici e antifascisti, e sorridono ben poco al turista. E’ un vagabondare per le linee estreme dei loro profili, che conduce ad approdi inaspettati: le carceri abbandonate di Santo Stefano, i resti delle miniere e un vecchio fortino. Ma non c’è vero riposo in questi resti di “civiltà”, che osservano severi dalle finestre cupe e sbarrano il passo con recinti e porte divelte. Il paesaggio è più esplicito, e assale chi guarda. La natura minaccia con un cielo di latte cagliato, dove un sole cieco fa comparire di quando in quando delle fosse opaline, per citare Nabokov. La scogliera è brulla e il mare impensierito sbatte contro le rocce. Davanti alle foto ci sente come nel preludio di un poema epico, e l’impressione è di una grande energia che attende liberazione. E liberati da questa ultima emozione estetica si può tornare a casa in pace con gli organizzatori della mostra.

Cinema a pacchi..

Dovrei parlare di questo film, perchè è esattamente il film che aspettavo di vedere da settimane, e che aspettavo per scrivere qualcosa di interessante.
Il film in realtà non dice nulla di stupefacente. Anzi, secondo me sono stati anche abbastanza ottimisti e moderati. Ha un bellissimo montaggio, gli attori sono dei fighi, eppure non mi convince. E' un pò sfuggente. Doveva essere un film partigiano e viene da chiedersi, ma PARchè? ma PAR chi?
Parliamo invece del fatto che sto pirateggiando con e-mule e che mi sto scaricando tutto truffaut!
qualche giorno fa ho visto l'ultimo metrò, e ieri notte dopo il cinema, per puro caso, ho visto la mia droga i chiama julie.
Dico per puro caso perchè non ero a conoscenza del fatto che tra i due film ci sono dei meravigliosi richiami filologici. Il nome della protagonista femminile, Marion (Marianne pronunciato con adenoide francese forse?), l'attrice protagonista, una deliziosa Deneuve senza ancora il sopraccigliostupefatto, e le caviglie più golose che la cinematografia ricordi, nonchè alcune delle battute più sgraziate: tutta la questione dell'amore come gioia e sofferenza. Spero solo che sia tutta colpa della traduzione italiana, perchè nel dire che guardare il volto dell'amato è una gioia un giorno è una sofferenza il ciorno appresso, è una cosa banale e maldetta anche nel 1968, e in ogni caso l'anno detta meglio Archiloco, Saffo e Catullo.
Penso che ci sia dell'ironia, dunque.
Non solo, ma la protagonista di questi film si trova sempre tra jul e jim, ovvero felicemente contesa tra due uomini.
Non so se valga solo per me, ma un pò questa supposizione di truffaut, che una donna non sappia mai scegliere tra due uomini, che una donna abbia due nature, e soprattutto che le donne non sappiano distinguere tra amore e tenerezza, mi fa un pò incazzare. E mi fa incazzare perchè suppone bene.
L'ultimo metrò più che L.M.D.S.C.J. mi è sembrato uno di quei film che ti fanno dire: ecco l'autore nella sua maturità artistica. Trai suoi che ho visto (che non sono pochi, ma saranno sempre pochi rispetto a quelli che mi mancano da vedere), fino a questo momento mi sembra l'unico conchiuso (non ci sono troppi "finali" in Truffaut, piuttosto dei "FINE"), Con una costruzione che non si slabbra, non lascia dubbi, e con i dialogi meno surreali. I dialoghi surreali li infila tutti nei pezzi di teatro raccontati nel film.
Un'altra cosa che proprio mi diverte in questo regista è il suo modo di vedere il sesso: è proprio un sesso con la maglietta a strisce e il basco blu! Quando il sesso compare nei suoi film vuol dire sempre e solo una cosa: sesso! Due persone si desiderano, ed è semplice, lo fanno e basta, lo fanno durante il loro primo bacio. Possono essere turbati dal nazismo, o allegri come una coppia appena sposata, ma il sesso non ha mai un significato altro, morboso o nascosto. Un rapporto nascosto, un'intesa speciale viene rivelata dal gioco di sguardi in scene successive piuttosto, come se il sesso fosse niente altro che un incontro particolare, il cui senso profondo si esplicita con il tempo.
mica come quel morboso cane andaluso di Bunuel! qualcuno mi metta l'accento circonflesso, per favore.
Buonanotte

mercoledì 21 marzo 2007

Neve su Roma

Ieri sera una grandine morbida morbida si è posata su tutti i tettucci delle macchine e su tutti i cascatoi dei marciapiedi. Guardavo San Lorenzo da casa di amici ed era tenero tutto quel bianco. La gente si scambia telefonate per questi eventi, e mi sembra molto buffo... Ho finito di leggere Franny e Zooey da quasi una settimana. Mi ha riempito di dubbi. Salinger dipinge due giovani, fratello e sorella, molto intelligenti, due ex bambini prodigio, col pallino della religione. Non dico che intelligenza e religiosità non possano ritrovarsi nello stesso corpo insieme ( in realtà si, perlopiù lo credo), ma mi stupisce enormente vedere che i due personaggi di Salinger, non sono solo banalmente intelligenti, ma anche pieni di senso critico verso il mondo, di ironia e di violenza. Insomma, sono due persone religiose che sopra il proprio credo costruiscono valori etici personali, e sono in buona fede. Mi rendo conto che quello che sto scrivendo possa sembrare molto ingenuo, ma devo dire che da atea quale sono, il fatto che il cattolicesimo possa essere vissuto così dalle persone mi sorprende, e per di più mi spiazza (cioè non so più cosa pensare nè della questione, nè di quella me stessa che si pone queste domande) che i due non siano persone, ma personaggi letterari, quindi? Quindi persone non esistenti. e da qui un altro pacco di domande: è Salinger che ha vissuto questi contrasti interiori? Qualcuno che lui ha conosciuto? i suoi fratelli? E' veramente utile spostare l'attenzione sulla biografia dell'autore per trovare un terreno saldo su cui mettere i piedi? Maledetti cattolici! Mi creano sempre problemi, e a dire la verità se un giorno mio figlio o mio nipote mi chiedessero un libro darei loro da leggere Lolita piuttosto che questo.

domenica 11 marzo 2007

Guida per riconoscere i tuoi santi

Stasera, dopo una giornata veramente piatta e deprimente, mi sono regalata questo piccolo godimento. Il film è bello, intelligente, raccontato bene e realistico.

Un giovane scrittore americano torna al suo quartiere, il Queens di New York, e ritrova tutto ciò da cui è fuggito.

Poteva anche fuggire prima e risparmiare tanti casini a tutti!

La storia è bella, le manca qualcosa per essere completa, che cosa non so bene però.

Il mio vicino di posto puzzava rancido dalle scarpe da ginnastica e io mi sono buttata tutta sul fianco opposto.

Buonanotte a tutti.

D.

venerdì 9 marzo 2007

Lettere da Iwo Jima

Ce n'è abbastanza per convincere quelli che sostengo ancora la guerra come unica igiene del mondo a farsi un bidet. Clint è fortissimo a spiegare come di igiene non cene sia molta. I soldati si prendono la dissenteria se pisciano controvento nella fognatura sbagliata, mangiano vermi, scavano fosse sudando come disperati, dormono in certe cavità piene di insetti. Non credo sia possibile augurare a qualcuno che si ama(ma nemmeno a qualcuno di cui non ci importa poi tanto) di trovarsi in mezzo al campo di battaglia dopo questa esperienza filmica. Un tale, graduato va in Afganistan. Fa testamento. Il sud è pieno di Taliban. Non penso si aspetti di prendersi i pidocchi. Remo Remotti... come risponde Remo? “M’è venuta un’idea geniale (…), una stronzata, un uovo di Colombo.Basta con queste guerre dove mandiamoad ammazzare questi giovani a 18, 20 anniper arricchire qualche petroliereo qualche banchiere internazionaled’ora in poi le guerre saranno fatte dai vecchi.Quanti anni hai? 70? Sotto le armi.Questi vecchi che voi abbandonatenei giardini pubbliciper andarvene in giro per il mondo d’estateassieme a cani e gatti e altri animalid’ora in poi un calcio nel culo, tutti in caserma!” sul suo Blog potete sentirla tutta.. è magnifica www.myspace.com/remoremotti.

Francesco Cocco

Sono stata anche a vedere un'altra mostra: Prisons di Francesco Cocco. Ammiro molto in quest'uomo la sua capacità di prendere posizione. Non solo in senso intellettuale, ma anche in senso fisico. Lui c'è, è sul posto e guarda da vicino. La sua mostra è stata curata da Contrasto. Bè, a mio parere le foto sono selezionate con poco ordine mentale. Poi non so. vabè, ho scritto ciò: La Sala Santa Rita, anche adesso che è stata destinata dal Comune di Roma ad accogliere iniziative culturali, non ha perso la sua atmosfera sacrale. In questa zona d’ombra fresca tutti entrano in silenzio, quasi in punta di piedi, subito disposti all’ascolto, al raccoglimento. Una musica accompagna la riflessione: sono i toni malinconici di Tom Yorke, potenti come una musica sacra, sciolgono le difese. C’è una fila di pannelli per lato, ma il centro della cappella è stato trasformato in una piccola sala di proiezioni, con le immagini che scorrono su un telo a ritmo della musica, davanti ad una ventina di sedie. L’effetto è avvolgente. Francesco Cocco (Recanati, 1960) è stato fin dagli esordi un fotografo impegnato, uno che non si tira indietro davanti alle situazioni più difficili, capace di guardare con partecipazione alla vita. È stato in Bangladesh, in Vietnam e in Cambogia, e ci ha parlato della guerra, della necessità di alimentare la pace e di difendere chi non può da solo. Nel 2000 inizia il suo viaggio nelle carceri Italiane, e si conclude dopo 5 anni. Gira l’italia da dietro le sbarre, da dentro le mura. Per portare a termine questo lavoro ha prestato i suoi occhi ai detenuti. Ritornano ossessivamente i simboli della detenzione: cavalli di frisia, filo spinato, porte e cancelli aperti su altre porte e cancelli. Ci sono i cortili, ma le mura sono alte e il cielo entra poco nella stanza. Il lavoro è vasto, e la raccolta delle foto non è uniforme. Ma nemmeno l’umanità che ci guarda da dentro quei quadri di carta lo è. Ci sono quelli con gravi disturbi mentali, rinchiusi nelle celle di isolamento, e viene da chiedersi se non ci sia un sede più adeguata ad ospitarli, e ci si immaginano scene di follia e violenza, per ritrovarsi ad osservare grandi occhi ingenui, lievemente malinconici.. Ci sono le donne, rinchiuse insieme ai loro bambini, che le lasceranno non appena compiuti i tre anni d’età per essere dati in affidamento. Inquadrature dal basso. Il fotografo diventa un bambino, che spia la madre che legge la posta, che osserva un altro bambino, che guarda una madre esausta. Ci sono donne che amano altre donne, con sguardi e modi da ragazzine ribelli e le transessuali che sorridono e prendono il sole. Un ragazzo mostra le sue cicatrici al sole, o forse il suo coraggio. Altri mettono in mostra i loro tatuaggi, qualcuno le sue capacità atletiche. In questo microcosmo dove tutto accade i giorni si assomigliano. E assomigliano a quelli di chi sta fuori. Ci si taglia i capelli, si cucina, si lavano i panni e si aspetta che il tempo scorra. E se anche le foto sono piene di trasparenze, di luci e di aperture, ci si chiede perché l’atmosfera debba essere così opprimente. Come se la privazione della libertà non fosse sufficiente , il regime carcerario è ciò che sappiamo senza esserci mai stati: la muffa sui muri, le grate, le sirene, la conta dei dtenuti, rumore di chiavi e sbatacchiamento di porte.Perchè? “Resta una risposta -dice Adriano Sofri - per far soffrire i detenuti”.

martedì 6 marzo 2007

Borat

Sto aspettando questo film dal Festival del cinema di Roma. E' un film singolare senz'altro, ma credo che faticherò ancora ad abituarmi al digitale nel cinema.. La pellicola ha effettivamente un sapore diverso..è così nitida. Il film è esilarante a tratti, catartico più di zaytoichi (?giusto) in alcune scene (gustatevi la lotta nuda!!!!). Ma non mi sembra si tratti dell'umorismo avanguardistico che ci avevano annunciato!!! Sarà un pò il doppiaggio, e forse un quel tanto di estraneità alla cultura americana che fa sentire un pò di distanza...non so dire. Però il progetto che c'è dietro è veramente interessante. Sarei curiosa di poter frugare fra i materiali di scarto, che pare siano voluminosi. un bacio e buonanotte. D.

venerdì 2 marzo 2007

strani accadimenti

ho voglia di raccontare due cose buffe e banali che mi sono capitate questa settimana. L'altra mattina ho fatto colazione con pane e marmellata, e mi sono portata dietro dalla dispensa della marmellata. Sono in realtà delle razioni monodose di marmellata, confezionate in un astuccio di cartone che ne tiene insieme quattro. Ne avevo un pacco già aperto ai mirtilli e uno da aprire alla fragola, ma quella mattina mi andava la fragola. Ho aperto la confezione e l'ho spalmata tra due fette di pane bianco e mela stvo gustando, quando con mia enorme sorpresa, e quasi raccapriccio, mi sono accorta dal pacchetto che avevo appena scartocciato ne mancavano due, non una! Mi sono bloccata. Mi sono guardata intorno per vedere che non ci fossero folletti o esseri misteriosi (non che io creda nella loro esistenza), e con la mente ancora torpida mi sono avventurata sotto i mobili della cucina alla ricerca di questa fxxxxxx marmellatina comparsa da sotto il mio naso.Ho controllato anche nella spazzatura, ma non c'era traccia. Mi sono riseduta e con il groppo in gola ho continuato a masticare il mio panino ripieno, congetturando una qualche discontinuità nel tessuto del reale, perchè ovviamente avevo anche come la percezione che nella confezione della marmellata ai mirtilli le marmellatine fossero aumentate di unarispetto ai miei calcoli. Dentro di me pensavo " ecco, ora che la realtà mi ha mostrato una falla nella sua continuità temporale cercherà di eliminarmi...di espellermi dal gioco perchè ho visto che non si riproduce uguale a se stessa in ogni momento.." Vabè... cmq la marmellatina alla fragola ancora non è saltata fuori. Secondo racconto. Sono tornata a casa alle dieci da una giornata molto densa, e ancora non avevo cenato. Mi mancava del tutto la fantasia, ma mi sono comunque trascinata in cucina per sbattere de uova nell'acqua bollente e tagliare un grappolo di pomodori. Leggevo "La versione i Barney", libro che ho regalato addirittura a mio fratello sulla fiducia, nella speranza di poterlo leggere in breve ancora prima di averne una mia copia, ed ero molto assorta, quand'ecco che fuori iniziano i fuochi d'artificio. Sono durati dieci minuti e a quel punto mi sono hiesta "chissà cosa accidenti si festeggia di così importante oggi..che giorno è?" mi sono alzata per accendermi una sigaretta e mi sono accorta che le uova, sbattacchiando l'una contro l'altra fra le bolle, producevano quel suono del tutto assimilabile ai fuochi d'artificio nel parco sotto casa. Ok sono scema. Stasera sono stata ad un bellissimo incontro all'istituto superiore di fotografia tra il professor Fragapane e il professor Marra, Roma VS Bologna. E' stato avvincente. Si sono misurate una visione romantica ed una visione positivista della vita da cui l'assemblea a trato molto gusto, tanto che alla fine quasi ci si prendeva a colli di bottiglia tra fotografi sostenitori del cambiamento portato in fotografia dal digitale e dai sostenitori di non cambia niente apparte i costi. Non è vero. Nessun collo di bottiglia. Le acque minerali erano tutte in plastica, ma l'ambiente si è surriscaldato, e io sono anche andata a fare un intervento, non chiarissimo in vero, ma che è sembrato molto chiaro ad un ragazzo che ha frequentato la scuola, che è venuto a complimentarsi, e devo dire che io trovo che lui sia davvero un grande. Non mi ricordo come si chiami, mi ricordo che è del viterbese, che sa con una ragazza sarda, che ha fama di scapestrato, che ama viaggiare, e che è stato un anno all'estero senza sapere nessuna lingua, tra parigi e dublino e da questa esperienza ha riportato delle polaroid bellissime, colorate e suggestive, e che la solitudine lo ha iniziato a scoperte letterarie e cinematografiche. Bè mi fa simpatia e sono contenta per lui. Buonanotte.

mercoledì 28 febbraio 2007

Corviale e il papero pazzo

Giornatina piena, due colloqui con professori diversi. Mi sono immersa di nuovo nella vita universitaria, si, ma degli altri, come in un bagno turco entrare nella vasca sbagliata e dopo essersi sedut in braccio al vecchio artritico di turno chiedere scusa..sono scivolata in mezzo alla gente tutta compresa nel suo ruolo, e il ticchettio dei miei tacchetti e la cartella floscia mi hanno fata sentire in età di prepensionamento... ma forse la legge biagi ha eliminato anche questa possibilità, bahf. Ho inseguito nell'atrio del palazzo il professore, e gli ho dato le foto che mi ha chiesto, e mi ha detto "ti faccio sapere lunedì", brillante!ma che cosa? non ho assolutamente inteso che cosa ne voglia fare, mele compra? mi affida un lavoro? sono capace di stare in piedi per un'ora su un piede se melo si chiede per la mia prima singolare commissione.. pranzato con l'uomo in un posto scicchettissimo ma trasandato, la proprietaria-cameriera aveva una treccia alla romina power, e il posto era uno di quegli wine bar libreria, con settore viaggi e torta alle noci fresca fatta dalle splendide manine dell'altra lavapiatti-proprietaria cassiera, dove ti chiedono se hai gradito, con porzioni micregnose, ma con fagioli all'occhio e pane con seminidi sesamo dentro, nella mollica!non nella crosta, che giustificano il prezzo del pasto e del coperto.Ho preso un'insalatina... Ridevamo, ma la torta era buonissima, e ci samo cmprati anche un libro divulgativo su Marco Polo scritto da uno di quei critici inglesi della Penguin Book...divertente e pieno di immagini del Kublai Khan (ma si scriverà così), dei mongoli feroci in battaglia e ritratti di nobili tartari a cavallo. Sono stata ad una mostra nel pomeriggio, e ho scritto un bruttissimo articolo che dovrebbe essere la mia presentazione ad una rivista per un progetto di collaborazione. Dopo aver spedito l' e-mail mi sono resa conto che è un mostro! "signorina, forse se lei imparasse l'italiano ci sarebbe una qualche possibilità..." eccovelo Su otto grandi pannelli di un metro e mezzo per uno è spalmata la visione frontale del famigerato complesso architettonico di Corviale, più prosaicamente soprannominato dai romani “Serpentone”, che dall’epoca della sua realizzazione ad opera di Mario Fiorentino e il suo team di architetti è al centro delle polemiche. Andrea Jemolo (Roma, 1957) torna sulla città di Roma, ma questa volta non ci racconta la Roma Barocca con le sue volute sensuose o Roma nei suoi cantieri futuribili, ma una città diversa, secca e fredda come i platani ritratti in primo piano. L’attenzione si concentra sulla vita quotidiana, su un istante di una mattina d’inverno, una di quelle mattine fredde, grigie e comuni. La descrizione puntuale della facciata, con una subisso di piccoli particolari all’apparenza casuali, ci fa entrare all’interno di questa quotidianità, passando per le finestre, ognuna delle quali racconta una vita. Antenne satellitari, serrande malfunzionanti e oblique, vasi sbattuti dal vento tettoia più in basso insieme a biancheria intima anonima, e ancora lenzuola lasciate a prendere aria. Una maglietta della Roma pende al bordo di una finestra e una rete da letto matrimoniale occupa l’uscita delle scale di uno dei cortiletti di socializzazione. L’impressione, a poter prendere le distanze sarebbe quella di un alveare grigio a bande rosse, ma la collocazione dell’opera impedisce una visione totale dell’immagine, trovandosi su una parete del corridoio davanti alle porte antincendio, e non ci si può sottrarre alla parcellizzazione, all’osservazione minuta e neorealista. Quello che potrebbe essere uno sguardo neutrale, inteso nella scelta dell’inquadratura e nella freddezza della luce, diventa allora denuncia. Come cicatrici sulla superficie omogenea della facciata vediamo alcuni appartamenti mostrare blocchetti da cantiere al posto dell’intonaco, e torna alla mente la storia del quartiere: l’abbandono del progetto per anni, l’occupazione delle case e la tarda promessa di una riqualifica territoriale. Intorno al palazzo ritratto non c’è panorama, come ad indicare l’isolamento cui è stata condannata questa zona della città, un isolamento che nato con intenti utopistici di autosufficienza per le necessità abitative e sociali dell’uomo, si è rivelato isolamento culturale. Del modernismo resta solo il cemento armato. Bella prova..menomale che ho altre qualità.