mercoledì 28 febbraio 2007

Corviale e il papero pazzo

Giornatina piena, due colloqui con professori diversi. Mi sono immersa di nuovo nella vita universitaria, si, ma degli altri, come in un bagno turco entrare nella vasca sbagliata e dopo essersi sedut in braccio al vecchio artritico di turno chiedere scusa..sono scivolata in mezzo alla gente tutta compresa nel suo ruolo, e il ticchettio dei miei tacchetti e la cartella floscia mi hanno fata sentire in età di prepensionamento... ma forse la legge biagi ha eliminato anche questa possibilità, bahf. Ho inseguito nell'atrio del palazzo il professore, e gli ho dato le foto che mi ha chiesto, e mi ha detto "ti faccio sapere lunedì", brillante!ma che cosa? non ho assolutamente inteso che cosa ne voglia fare, mele compra? mi affida un lavoro? sono capace di stare in piedi per un'ora su un piede se melo si chiede per la mia prima singolare commissione.. pranzato con l'uomo in un posto scicchettissimo ma trasandato, la proprietaria-cameriera aveva una treccia alla romina power, e il posto era uno di quegli wine bar libreria, con settore viaggi e torta alle noci fresca fatta dalle splendide manine dell'altra lavapiatti-proprietaria cassiera, dove ti chiedono se hai gradito, con porzioni micregnose, ma con fagioli all'occhio e pane con seminidi sesamo dentro, nella mollica!non nella crosta, che giustificano il prezzo del pasto e del coperto.Ho preso un'insalatina... Ridevamo, ma la torta era buonissima, e ci samo cmprati anche un libro divulgativo su Marco Polo scritto da uno di quei critici inglesi della Penguin Book...divertente e pieno di immagini del Kublai Khan (ma si scriverà così), dei mongoli feroci in battaglia e ritratti di nobili tartari a cavallo. Sono stata ad una mostra nel pomeriggio, e ho scritto un bruttissimo articolo che dovrebbe essere la mia presentazione ad una rivista per un progetto di collaborazione. Dopo aver spedito l' e-mail mi sono resa conto che è un mostro! "signorina, forse se lei imparasse l'italiano ci sarebbe una qualche possibilità..." eccovelo Su otto grandi pannelli di un metro e mezzo per uno è spalmata la visione frontale del famigerato complesso architettonico di Corviale, più prosaicamente soprannominato dai romani “Serpentone”, che dall’epoca della sua realizzazione ad opera di Mario Fiorentino e il suo team di architetti è al centro delle polemiche. Andrea Jemolo (Roma, 1957) torna sulla città di Roma, ma questa volta non ci racconta la Roma Barocca con le sue volute sensuose o Roma nei suoi cantieri futuribili, ma una città diversa, secca e fredda come i platani ritratti in primo piano. L’attenzione si concentra sulla vita quotidiana, su un istante di una mattina d’inverno, una di quelle mattine fredde, grigie e comuni. La descrizione puntuale della facciata, con una subisso di piccoli particolari all’apparenza casuali, ci fa entrare all’interno di questa quotidianità, passando per le finestre, ognuna delle quali racconta una vita. Antenne satellitari, serrande malfunzionanti e oblique, vasi sbattuti dal vento tettoia più in basso insieme a biancheria intima anonima, e ancora lenzuola lasciate a prendere aria. Una maglietta della Roma pende al bordo di una finestra e una rete da letto matrimoniale occupa l’uscita delle scale di uno dei cortiletti di socializzazione. L’impressione, a poter prendere le distanze sarebbe quella di un alveare grigio a bande rosse, ma la collocazione dell’opera impedisce una visione totale dell’immagine, trovandosi su una parete del corridoio davanti alle porte antincendio, e non ci si può sottrarre alla parcellizzazione, all’osservazione minuta e neorealista. Quello che potrebbe essere uno sguardo neutrale, inteso nella scelta dell’inquadratura e nella freddezza della luce, diventa allora denuncia. Come cicatrici sulla superficie omogenea della facciata vediamo alcuni appartamenti mostrare blocchetti da cantiere al posto dell’intonaco, e torna alla mente la storia del quartiere: l’abbandono del progetto per anni, l’occupazione delle case e la tarda promessa di una riqualifica territoriale. Intorno al palazzo ritratto non c’è panorama, come ad indicare l’isolamento cui è stata condannata questa zona della città, un isolamento che nato con intenti utopistici di autosufficienza per le necessità abitative e sociali dell’uomo, si è rivelato isolamento culturale. Del modernismo resta solo il cemento armato. Bella prova..menomale che ho altre qualità.